Il ritorno del dio Portuno (racconto di Manlio Brunetti)


Portuno non credeva ai suoi occhi e alle proprie orecchie. Trasecolava. "Davvero il mondo è cambiato". Non s'intendeva di queste cose e forse aveva solo sentito dire di un libro De Agri Cultura scritto da Catone il vecchio, il quale, da quel gran moralista che si piccava di essere quando faceva comodo alla sua classe patrizia, raccomandava ai nobili possidenti di latifondi di sfruttare allo stremo le energie fisiche degli schiavi aiutandosi con lo scudiscio senza pietà di sorta e di lasciar morire d'inedia (di fame e di sete) gli schiavi invecchiati o non più capaci di lavorare oppure di darli in pasto alle murene, tanto a venderli non li avrebbe più comprati nessuno solo per mantenerli. Qui, ora, non c'erano più schiavi condannati alla fatica senza alcun premio che il minimo di sostentamento; qui, ora, lavoravano tutti come se la terra fosse loro e il reddito tutto per la propria famiglia; qui, ora, a decidere su tutto non era il padrone ma i lavoratori insieme con il proprietario; qui, ora, gli uni e l'altro si trattavano alla pari e da fratelli...Forse altrove non era così. Ma che lo fosse magari qui soltanto era già un miracolo, una novità così grande e bella che, se fosse stata imitata dovunque, degli dei non ci sarebbe stato più bisogno, anzi sarebbe stato meglio eliminarli, ché gli uomini sarebbero stati veramente felici da soli, e nessun intralcio avrebbero avuto da quelli. E forse forse questo era stato il pensiero di qualcuno di loro che li aveva spinti a cambiar religione. Se il monaco del Catria era un testimone del nuovo Dio e si comportava con gli altri uomini come Lui gli suggeriva, allora la nuova religione, fosse stata seguita da tutti o dai più nei fatti e non soltanto in sterili pensieri e velleità, avrebbe davvero fatto della terra una succursale dei Campi Elisi.

Non gli dispiacque di aver ottenuto questo ritorno. Aveva visto quale avrebbe potuto essere il futuro dell'umanità. Non è che gliene importasse molto: non aveva avuto mai una grande stima dei bipedi pensanti e, ad essere sincero, nemmeno di quella brutta copia degli uomini che erano dei. Gli importava però abbastanza del suo destino e non riusciva a immaginarne alcuno, dato che un dio maggiore non era mai stato e nemmeno un uomo: uno spirito della natura. Finchè gli uomini non avevano avuto conoscenza appropriata della natura, e dagli dèi avevano capito che non c'era molto da aspettarsi, perciò avevano fatto ricorso agli spiriti della natura. Ma quando avessero capito meglio la natura e fossero riusciti a manovrarla a loro interesse e piacimento..., buttàti via gli dèi, avrebbero messo al bando anche gli spiriti della natura. La scienza avrebbe preso il posto della religione? La nuova religione sembrava non correre il rischio di essere soppiantata dalla possibile futura scienza, perchè era in grado di dare agli uomini quello che il sapere filosofia o scienza che fosse) non aveva nella sua natura di poter offrire. Se i monaci del Catria erano una espressione e testimonianza genuina della nuova religione, e non il semplice prodotto di buone disposizioni congenite di alcuni individui per così dire privilegiati, e perciò di un caso fortunato, il cristianesimo poteva realizzare la solidarietà, la fraternità. la uguaglianza di dignità, di diritti e di doveri ch'era sempre mancata fra gli umani...E fare a meno di quella religione sarebbe stato per l'umanità un suicidio. Portuno si accorse di essersi immerso in pensieri più grandi di lui, di un povero spirito della natura; e che si era distratto a tal punto dal suo corso che non aveva fatto caso di essere ormai giunto alla foce del Cesano. Che fare dunque? Entrò nell'Adriatico, e cos'altro poteva? Uno sciame di Nereidi gli venne incontro per vecchia abitudine ma senza allegrezza; ed egli non ne trasse conforto ché tutta quella salsedine gli dava fastidio. Sperò che il dio Nettuno gli venisse in soccorso, ma il signore dei mari aveva perso, anche lui, ogni potere. Ai tempi belli il Sole lo faceva evaporare; Eolo sospingeva il vapore in seno alle nubi e le nubi cariche verso le montagne, e Giove pluvio le riversava sulle petraie e le naiadi ne ristoravano le vene sotterranee e ne facevano sgorgare sorgenti; e Portuno ricominciava la corsa...Adesso, ahimé, nessuno eseguiva i suoi còmpiti...Allora gli venne un sospetto, ebbe una specie di fulgurazione. "Vuoi scommettere", si disse, "che il ritorno concessomi era tutta un'astuzia per farmi sparire senza angoscia e disperazione - beninteso, me dio del fiume, non il fiume in quanto tale. Di fiumi la terra ha bisogno e nemmeno il nuovo Dio vorrà toglierli. Ma questo nuovo Dio non vuol servirsi di altre divinità o di spiriti della natura, e forse questo è il momento di spazzare via definitivamente quest'inutile esercito di larve.